Damiano Guzzetti, vescovo di Moroto, in visita a Piacenza.

Damiano Guzzetti, vescovo di Moroto, in visita a Piacenza.

Damiano Guzzetti, vescovo di Moroto dal 2014, si trova in Italia per la partecipazione al Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani, tenutosi nel mesi di ottobre in Vaticano. Durante la sua permanenza ha colto l'occasione per passare a Piacenza per salutare gli amici di Africa Mission-Cooperazione e Sviluppo, l'Organizzazione di don Vittorione con la quale collabora in Karamoja. Ne abbiamo approfittato per scambiare due chiacchiere con lui sul tema del Sinodo e sui problemi dei giovani, in Uganda come in Italia.

Vescovo Damiano, qual è stato il tema centrale del Sinodo dei Vescovi al quale ha recentemente presenziato?
Il Sinodo di quest'anno era dedicato ai giovani: un tema molto caro al Papa, che ha ribadito l'importanza di coinvolgere ragazzi e ragazze, ascoltandoli veramente, senza pregiudizi e preconcetti. Un aspetto del sinodo che avrebbe dovuto essere più curato è quello della provenienza dei giovani, in quanto ancora una volta si è stati troppo "occidente-centrici" dimenticandosi che la maggior parte dei giovani vive nel Sud del mondo. Ovviamente chi vive in Europa ha problemi diversi dai suoi coetanei in Africa: là emerge drammaticamente la mancanza totale di lavoro e servizi, così come il tema dello sfruttamento è predominante. Durante i lavori si è parlato molto di economia globale, con il Papa che ha ribadito la sua condanna a un tipo di economia che mette il profitto davanti alla persone e all'ambiente. Per quanto riguarda i giovani in Italia faccio mie le parole di Enzo Bianchi, ex priore della comunità di Bose, che ha sottolineato l'importanza di mettere una domanda nel cuore dei giovani, spronandoli a interrogarsi sul "senso della vita" e dando loro gli strumenti per affrontare una società "gassosa", che li bombarda di stimoli e messaggi spesso vuoti facendo perdere loro il senso del valore della fedeltà, e della continuità.

Lei è in Uganda dal 1986 e ha vissuto nel paese africano quasi stabilmente per 30 anni. Quali sono a suo avviso le maggiori sfide che dovete affrontare in Karamoja?
Inizio subito dicendo che a Moroto i cambiamenti in atto sono tantissimi e alcuni di essi sono estremamente problematici. Prima di tutto voglio segnalare il fenomeno di sfruttamento della manovalanza locale che è iniziato a verificarsi subito dopo la scoperta dei minerali presenti nel sottosuolo. In questo caso noi agiamo cercando di creare una mentalità cooperativa che porti al rifiuto di questo sfruttamento, ma data la povertà del territorio non è un compito facile. Un altro aspetto drammaticamente attuale è quello del cambiamento climatico: fenomeni di siccità intensa alternati ad anni nei quali le piogge sono invece troppo intense (o cadono nel periodo sbagliato) hanno messo in ginocchio l'agricoltura locale, che è comunque di sussistenza. La gente perde motivazione nell'agricoltura e stiamo vedendo aumentare l'immigrazione interna per sfuggire a questa situazione. C'è chi invece si ricicla vendendo carbonella, tagliando però così alberi decennali che contribuivano alla salvaguardia dell'ecosistema, già estremamente fragile. Sono necessari progetti di riforestazione e al tempo stesso è necessario far capire alla popolazione l'importanza della presenza degli alberi. Infine, ci stiamo trovando a fronteggiare il problema dell'alcolismo, una vera e propria piaga che comporta gravi conseguenze sia sociali che sanitarie. Le malattie legate all'abuso di alcool sono aumentate esponenzialmente e la situazione sembra peggiorare di anno in anno: noi lavoriamo a stretto contatto con la popolazione, spiegando i rischi di questo comportamento e cercando di dare loro alternative.

Cosa significa una realtà come quella di Africa Mission-Cooperazione e Sviluppo per una regione come quella del Karamoja?
AMCS svolge una funzione importante in questa regione dell'Uganda: l'associazione ha saputo evolversi, adeguandosi ai cambiamenti e imparando a dare risposte alle sfide che man mano si presentavano. Da una situazione emergenziale come quella della grave carestia del 1979, che il fondatore Vittorio Pastori aveva denunciato, a una situazione più stabile ma comunque di gravissima povertà, Africa Mission è diventata un punto di riferimento per molte persone della zona, creando anche posti di lavoro, nel tentativo di smantellare la "mentalità della dipendenza" che si è creata in una popolazione soggetta a crisi endemiche. Ancora oggi in Karamoja molti ricordano don Vittorio con gratitudine per l'impegno che profuse fino alla sua morte e questa aiuta molto anche nelle relazioni con le istituzioni locali. Il suggerimento che mi sento di dare agli amici di AMCS è di continuare sulla strada intrapresa, cogliendo ogni occasione per dare lavoro alla gente del Karamoja e aiutandoli così a crescere nel senso di responsabilità e nella capacità di organizzare e gestire attività e assumersi impegni e responsabilità lavorative.