Diario di viaggio: a tempo di musica!

Diario di viaggio: a tempo di musica!

I giorni di festa a Moroto sono iniziati!Balli, canti e danze al centro giovanile....insomma la maniera migliore per incominciare. Prima però c'è stata una tappa importante in uno dei progetti in cui siamo coinvolti. Trasferiamoci in Uganda con le parole di Betty:

20 novembre

In Uganda si continua a cantare: si canta mentre si lavora, mentre si portano in giro le bestie, mentre si è in classe. Si canta mentre si cammina in strada. Da qualche parte ho letto che nelle cantilene che gli africani intonano la sera ricorre un ritornello: "La mia patria? La mia patria è dove piove". Oggi in quella fetta di terra rossa chiamata Karamoja in cui ci troviamo è continuato a piovere e a rasserenarsi: acqua e sole si sono alternati mentre, insieme ai professori dell'Università Cattolica Vincenzo Tabaglio e Giuseppe Bertoni e al ricercatore Andrea Mainardi, esploravamo gli "orti di comunità". Non so se sia questo l'esatto nome del progetto che Africa Mission Cooperazione e Sviluppo ha avviato in 85 villaggi: l'idea è di formare dei "model farmers", degli agricoltori/allevatori modello che insegnino ai villaggi a coltivare la terra. O ad allevare animali. Alcuni come Paul sono veramente bravi: è lui ad avere creato un vero e proprio orto delle delizie in un posto che si chiama Nakalimon e che in italiano suona più o meno come "il luogo dove c'è fresco". In altri villaggi i karimojon invece ci hanno accolto con canti, danze, fagiolini, strette di mano e melanzane. Alcuni di loro, già nel primo pomeriggio, si sono accalcati davanti al cancello della nostra sede di Moroto, dove oggi in un capannone del Centro sono iniziate le celebrazioni per ricordare il 25esimo anniversario della morte di Don Vittorio: anche qui ci sono stati canti, qualche preghiera, molte danze tradizionali e non solo. Fuori la strada è diventata un impasto di fango rosso; dentro invece ho capito che la patria, la casa così come la si intende qui, è molto diversa dalla nostra: ad esempio non ha pareti, tetto e porte e finestre. Non ha siepi o muri, nessuna barriera o limitazione insomma. La patria dei karimojon sono le migliaia di chilometri di savana. E a me sembra quasi invidiabile.

Betty Paraboschi