I BAMBINI CHE SPACCANO LE PIETRE

Cambisi è un minuscolo villaggio del nord Uganda, situato alla periferia di Moroto, grosso villaggio di circa 10.000 abitanti, capoluogo dell’omonimo distretto. Ci troviamo in Karamoja, una delle regioni più aride e povere dell’Africa, caratterizzata da immensa savana e zone montuose, con precipitazioni molto scarse. Negli ultimi mesi la siccità ha provocato la quasi totale perdita del raccolto di mais, fagioli e sorgo, con gravi conseguenze sulla vita quotidiana della popolazione. Cambisi è abitata da poche centinaia di persone che vivono nella quasi totale povertà. Disoccupazione, scarsità di cibo e malattie sono i maggiori problemi che attanagliano la popolazione. Ciò provoca negli abitanti un totale sconforto che degenera spesso nell’alcolismo e nella violenza. Il villaggio è costituito da un nucleo disordinato di capanne fatiscenti, spesso di una sola stanza. La maggior parte dei bambini non frequenta la scuola a causa della mancanza di mezzi. In Uganda le scuole primarie sono gratuite, ma le famiglie devono comunque affrontare una piccola spesa per le iscrizioni, le uniformi e il materiale scolastico. A Cambisi molti bambini vivono per strada, in quanto le capanne sono piccole e hanno spazio sufficiente per ospitare solo i propri genitori, spesso molto anziani. Alcuni bambini sono quasi totalmente trascurati o addirittura abbandonati dai genitori che essendo disoccupati non hanno la capacità né la forza di allevare i propri figli. Lo stato di degrado di Cambisi induce molti bambini e adolescenti a lavorare per pochi spiccioli pur di guadagnare qualcosa per sopravvivere. Spaccare le pietre per le grosse industrie del cemento è una delle attività più diffuse nella regione. Lo sfruttamento del lavoro minorile è un grave problema in Africa in generale. A Cambisi e nell’intero distretto di Moroto si incontrano spesso adolescenti costretti a lavorare in condizioni dure e per un guadagno di meno di un euro al giorno. Negli ultimi mesi la costruzione delle strade nella regione (da parte di società cinesi) ha portato allo sfruttamento di molti minori che lavorano in condizioni di estremo disagio, respirando polveri pericolose senza alcuna protezione, lavorando sotto il sole a temperature di oltre 40 gradi, con poco cibo e un salario veramente irrisorio. Voglio raccontarvi però il mio incontro a Cambisi con alcuni adolescenti che spaccano le pietre. Un gruppo di circa 10 ragazzi tra i 12 e i 16 anni. E’ un giorno rovente del febbraio scorso, temperatura di oltre 40 gradi. Passo per caso nelle vicinanze del fiume in secca e mi accorgo di una decina di ragazzini che stanno spaccando le pietre nell’alveo. Mi avvicino, li riconosco tutti, erano praticamente cresciuti nel Centro Giovani Don Vittorio. Ogni giorno questi ragazzi lavorano duramente sotto il sole per spaccare grossi massi e ridurli in piccoli sassi da vendere successivamente alle industrie del cemento. Il lavoro inizia alle 7 del mattino e prosegue fino al tramonto. Con l’aiuto di qualche vecchio martello iniziano a battere grossi macigni per ridurli in piccole pietre. Il leader del gruppo è Andrew, 15 anni, un ragazzo molto simpatico e intelligente che ha lasciato la scuola perché i genitori sono disoccupati e non possono permettersi di mandare il proprio figlio a scuola. Andrew mi accoglie con grande affetto e inizia a spiegarmi il tipo di lavoro e perché i ragazzini sono costretti a farlo. Molti di loro sono orfani e non vanno a scuola. Alcuni dormono all’aperto perché a casa non c’è spazio sufficiente. Dopo la dura giornata di lavoro, raccolgono i piccoli sassi in vecchi secchi che a fine giornata vendono ai camionisti delle industrie del cemento. Ogni secchio viene pagato 400 scellini ugandesi (circa 12 centesimi di euro), mentre una carriola intera di sassi viene pagata 4.000 scellini ugandesi (circa euro 1,20). A fine giornata i bambini riescono a riempire 5 secchi a testa guadagnando ognuno 2.000 scellini (circa 60 centesimi di euro). Alla sera i ragazzi caricano loro stessi il camion, il carico viene pagato 120.000 scellini (circa 36 euro) al responsabile locale (un adulto naturalmente), mentre i ragazzi guadagnano il valore corrispondente ai secchi riempiti. Per essere più chiari, 1 euro è pari a circa 3.300 scellini ugandesi, mentre un sacco di cemento in Uganda costa 30.000 scellini (circa 9 euro). Ogni ragazzo che guadagna 2.000 scellini al giorno ne consegna 1.000 ai propri genitori per sostenere la famiglia, mentre con i 1.000 rimanenti comprano da mangiare per sostenersi nella lunga e faticosa giornata di lavoro. Naturalmente neanche a pensare di poter conservare dei soldi per poter tornare a scuola un giorno. I ragazzi si aprono con tanta sincerità e candore e mi confidano con tutta la loro semplicità e con tanta speranza di pregare sempre che qualcuno possa aiutarli e sponsorizzarli per proseguire gli studi. Ho trascorso con Andrew e gli altri 9 adolescenti alcune ore fantastiche, hanno condiviso felici il loro tempo con me e mi hanno chiesto, se possibile, di cercare persone di buona volontà che possano aiutarli ad uscire da quel brutto tunnel di sfruttamento e dare loro la possibilità di tornare a scuola e poter vivere una vita da ragazzi, con qualche sorriso, gioco e un po’ di serenità in più.

Moroto,
Roberto Capasso