I VOLTI DI AFRICA MISSION - COOPERAZIONE E SVILUPPO
Dietro ad Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo ci sono tante facce, tante mani e tante teste. Spesso è stato mostrato che cosa facciamo, ma raramente i volti che ogni giorno nella sede di Moroto vivono a contatto con la popolazione. Desideriamo allora raccontare ogni progetto e chi quest’anno se ne è fatto carico, le difficoltà incontrate, le aspettative e i frutti raccolti.
Iniziamo dal progetto che ha visti impegnati Stefano Zanon e Daniele Cervellera, ovvero la “Costruzione di infrastrutture per la raccolta di acqua per uso agricolo e la realizzazione di un database per il monitoraggio idrico in Karamoja”. L’ente che gestisce e coordina il progetto è FAO, Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, mentre l’ente operativo è proprio Cooperazione e Sviluppo.
Entriamo nel vivo del progetto, intervistando i diretti interessati.
Di cosa si tratta?
Gli obiettivi del progetto sono: migliorare la gestione collettiva dell’acqua, realizzare sistemi per la raccolta d’acqua e sostenere i lavoratori tramite il cash for work (lavoro per i locali).
In quale contesto?
Nonostante i grandi cambiamenti climatici che coinvolgono tutto il mondo, in Karamoja il clima è ancora di tipo semi-arido. Le precipitazioni infatti sono basse e difficilmente prevedibili, ma quando sono presenti si tratta di piogge molto intense che causano erosioni e allagamenti. Il territorio infatti si trova su un plateau e l’acqua scorre via o si infiltra.
Che cosa si intende per geo-database?
Si intende creare una raccolta dati online che serva a localizzare e monitorare la presenza d’acqua in Karamoja, a segnalare quindi i pozzi d’acqua potabile presenti, i valleytank (le raccolte di acqua piovana per l’abbeveraggio degli animali durante la stagione secca), sistemi di micro-irrigazione, dighe, ecc. Si tratta di una modalità di gestione delle risorse idriche che vede protagonisti anche le autorità locali e governative.
Quindi non solo pozzi, ma anche impianti di micro-irrigazione, come avete fatto?
Si tratta di micro-irrigazione con pompa solare. Dopo i vari accertamenti e i contatti con le autorità territoriali, abbiamo costruito 7 impianti, uno per ogni distretto, in corrispondenza di un pozzo già esistente. Il procedimento è il seguente: prima abbiamo costruito una casetta per sistemare la pompa solare, poi siamo passati ad installare due serbatoi, uno da 10 mila litri e uno da 4 mila. In seguito abbiamo realizzato due rubinetti, uno pubblico e uno per la scuola che si trova accanto al sistema di micro-irrigazione ed infine è stato installato l’impianto di micro-irrigazione su una superficie di un acro.
Gli obiettivi qui erano due: fornire alla comunità la possibilità di coltivare tutto l’anno e sperimentare l’uso plurifunzionale di unico pozzo.
Stefano e Daniele sono partiti per l’Uganda come Caschi Bianchi a ottobre 2015 e hanno prestato il loro servizio per un intero anno presso la sede di Moroto. Tante le difficoltà incontrate e tante le soddisfazioni. Entriamo nel vivo dell’esperienza, ecco la loro testimonianza:
Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato quest’anno e nello specifico nel progetto che hai seguito?
Stefano risponde,
La prima difficoltà è stata quella fisica. Adattarsi a clima, luogo, ambiente è stato per me più difficile di quanto mi aspettassi.
E’ stato difficile capire il mio ruolo e riuscire a instaurare un rapporto con le persone locali (al di là delle ore di lavoro). Spesso ho vissuto una discriminazione al contrario, dove il bianco è inquadrato come la persona ricca che è venuta aiutare. Partendo da questi presupposti è difficile creare relazioni paritarie.
Nel lavoro è stato difficile gestire degli ingegneri locali che lavoravano al progetto da più tempo di me e con più anni ed esperienza.
Daniele risponde,
In generale un po’ di problemi di comunicazione e condivisione delle decisioni. All’inizio un po’ di difficoltà di inserimento nella comunità.
Per il progetto, l’inserimento in FAO e’ stato problematico perchè il passaggio di consegne è durato meno di una settimana e sapevo davvero poco del progetto. Ci è voluto solo un po’ di tempo, ma poi tutto è andato per il meglio.
Le difficoltà che si incontrano sono quotidiane, ci sono modi e tempi di lavoro diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati.
Che cosa porti a casa da questa esperienza?
Stefano risponde,
È difficile fare mente locale e descrivere tutto quello che mi porto via da un anno così eccezionale della mia vita, per cui sceglierò una cosa: l’essenzialità.
Ho sempre creduto di essere una persona capace di vivere con poco, ma soltanto ora ho capito veramente cosa vuol dire vivere con poco, o addirittura con niente. Non sono e non sarò mai in grado di vivere così, ma mi auguro che questa esperienza mi aiuti a saper scegliere cosa è essenziale e cosa superfluo; non per forza per rinunciarvi, ma per vivere con maggior consapevolezza.
Daniele risponde,
Mi porto a casa un anno di esperienza incredibile. Ci sono tante emozioni stupende che ho vissuto, un sacco di avventure che mi hanno arricchito. Sarà un anno che terrò sempre nel cuore e lo ricorderò con molto piacere. Ho creato legami molto belli e forti.