L'ultimo regalo di Prospero: 5 mila euro ad AMCS
«Prospero sarebbe contentissimo». Si apre con queste parole l'ultimo incontro a corollario della mostra "Prospero Cravedi Fotografo. Tempi e volti una comunità". Le pronunciano i familiari del reporter, che consegnano al presidente di Africa Mission Cooperazione e Sviluppo, don Maurizio Noberini, l'assegno di 5mila euro destinato alla Ong, cifra derivante da quanto incassato con la vendita dei cataloghi della mostra, che proseguirà fino al 30 ottobre all'ex convento di Santa Chiara.
Dopo la fotografia e lo sport, l'arte e la politica, l'appuntamento ha posto il focus sull'attività in Uganda di Africa Mission, fondata da don Vittorione, per aiutare quella popolazione e i loro bisogni primari, in primo luogo quello dei pozzi d'acqua. Molto forte il legame di Cravedi con Africa Mission, documentato da alcune immagini che è possibile ammirare in mostra.
Introdotto da Elena Uber, consigliera d'amministrazione della Fondazione di Piacenza e Vigevano, ente organizzatore della mostra, il dialogo è vissuto sugli stimoli della giornalista Maria Vittoria Gazzola, che in più occasioni ha seguito Africa Mission in Uganda, così come tante volte a quelle latitudini si è spinto Prospero Cravedi. Gazzola rompe gli indugi. Prima su Cravedi: «Era comunista, perché allora era così vicino alla chiesa? - domanda alla platea - Lui non ha abbracciato l'Africa, ha abbracciato il progetto di Africa Mission. Questo ha superato il fatto di essere un laico». Quindi su don Vittorione: «Non gli importava del suo peso, anzi, il suo corpo lo ha reso simpatico alla gente. Dalla fisicità, e dal suo atteggiamento, nasceva anche il rapporto di rispetto con la gente del Karamoja, area difficile e isolata».
Si parla di coraggio. «È quello - dice Carlo Ruspantini, direttore di Africa Mission - l'elemento che unisce don Vittorione e Cravedi: il coraggio di partire, di non temere il rischio e di mettersi al servizio di una causa attraverso la quale realizzare la propria vita».
Pier Giorgio Lappo, responsabile in Uganda di Africa Mission, racconta invece l'attività poliedrica in quel Paese compiuta dall'organizzazione: dalla perforazione alla formazione. «Oggi il nostro compito è soprattutto aiutare i karimojon a vivere la globalizzazione senza esserne schiacciati». E ricorda, di Cravedi, il sorriso sornione e il collo al quale erano appesi gli occhiali e la macchina fotografica.
Nelle fotografie in mostra si legge la vita degli altri. «Guardo quegli sguardi e gli atteggiamenti dei soggetti inquadrati - dice Ruspantini dall'espressione di un volto cogli la paura, i timori, la felicità».