L‘ALTRA PARTE DEL MONDO
Daniele è uno dei quattro ragazzi scesi in Uganda come "caschi bianchi" a settembre 2015 e presta il suo servizio civile nel progetto“Child Protection” sotto la direzione della collaboratrice Pierangela Cantini e del Capo progetto Josephine Maloba. Segue la sua testimonianza
In qualità di casco bianco sono inserito nel settore socio-educativo. All’interno del settore opero nel progetto finanziato da UNICEF di “Child Protection” che si occupa di tutelare i bambini più vulnerabili e proteggerli dalla violenza, dagli abusi e dallo sfruttamento. Mi piace ricordare che secondo UNICEF, come secondo le convenzione internazionali che tutelano i bambini, sono considerati bambini tutti coloro che sono minorenni.
Questo progetto ha l’obiettivo di sensibilizzare e tutelare 900 bambini che sono stati sfruttati o a rischio di sfruttamento, violenza o abusi, inclusi 40 bambini di strada. Inoltre ha lo scopo di mettere a conoscenza 6850 bambini riguardo le scelte che dovranno prendere nella loro vita quotidiana in relazione all’uso della violenza e alla violenza sui bambini.
In questi pochi mesi ho potuto vedere con i miei stessi occhi quanto sia importante questo progetto, dal momento che il metodo educativo prevede ancora l’uso della violenza o la minaccia della stessa, anche se di lieve entità. Ho potuto assistere in prima persona a genitori che percuotevano con bastoni sottili i figli, anche piccoli.
Ritengo veramente importante trasmettere e mostrare alle comunità in primis, ma anche ai bambini stessi, che ci sono delle alternative all’uso della violenza come espressione dell’autorità.
Esistono poi inoltre situazioni in cui la violenza è una valvola di sfogo, molto spesso in situazioni esasperate o aggravate dall’abuso dell’alcool per esempio. In questi casi i bambini devono essere a maggior ragione tutelati, in modo che la loro vita non sia segnata da episodi di questo tipo.
L’mportanza che i bambini stessi ricevano tutela e allo stesso tempo vengano loro stessi sensibilizzati potrà permettere, a medio termine (tra 10-20 anni), che loro vedano e capiscano la necessità dell’uso di metodi alternativi alla violenza, sia nella relazioni con i figli che tra di essi.
Il progetto dà anche a me un’opportunità unica, cioè quella di entrare in relazione con i bambini e le comunità nei villaggi e di confrontarsi. E’ un’esperienza molto significativa perché mi permette di incontrare i Karimojong e la loro cultura e allo stesso tempo essere strumento di cambiamento, di tutela dei più piccoli.
I bambini qui in Karamoja sono veramente tantissimi e loro sono il futuro. Dai vangeli emerge come Gesù abbia un’attenzione particolare per i bambini. In particolare mi viene in mente il verso “chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”.
Loro sono i più deboli, i più indifesi. Grazie a questo progetto si cerca di aiutarli a crescere, supportali, e solo in casi problematici si fornisce loro beni materiali. Perché per crescere ci vuole certamente il cibo, ma non si può solo pensare a quello. Bisogna crescere anche come persone e divenire adulti possibilmente avendo sani princìpi. Il Karamoja è una regione che ha passato periodo terribili di carestia, in cui l’aiuto di Don Vittorio è stato veramente fondamentale. In questo mondo ci deve essere il cibo per tutti. E’ un diritto fondamentale.
In questi ultimi anni il numero di persone che soffrono la fame non è paragonabile a quello dei decenni precedenti. È dunque il momento di operare non solo nell’emergenza ma anche nel supporto della popolazione locale nella formazione personale e professionale. Il progetto di Child Protection interviene appunto sulla tutela dei bambini, favorendo una crescita sana e rispettosa dei loro diritti.
Le attività del progetto prevedono degli incontri nei villaggi e nelle scuole per sensibilizzare sulla violenza sui bambini; è inoltre fornito supporto psicologico e sanitario ai bambini che hanno subìto violenze.
Per far in modo che si crei nella comunità locale e nelle istituzioni locali una rete per la tutela dei bambini si organizzano dei periodici incontri nelle sub-counties (divisioni interne ad un distretto) con rappresentanti di tutta la società civile. Il progetto prevede inoltre supporto agli orfani, anche tramite la creazione di una rete di aiuto da parte dei loro parenti.
Sono molto contento di essere inserito in questo progetto perché mi permette di essere a contatto con la popolazione locale e allo stesso tempo di supportarla e aiutarla. Spero che questa mia esperienza di servizio possa contribuire ad aiutare i Karimojong, anche fosse una goccia in un grande oceano.