La solerzia missionaria della Chiesa italiana. Don Michele Autuoro al 43 Convegno Nazionale di Africa Mission.

La solerzia missionaria della Chiesa italiana. Don Michele Autuoro al 43 Convegno Nazionale di Africa Mission.

"La fede non può restare lettera morta. La fede è vita, è concretezza". Con queste parole don Michele Autuoro, direttore generale di Fondazione Missio, apre il 43° Convegno Annuale del nostro Movimento. Amico di don Vittorio, ha toccato con mano la terra karimojong e in questa giornata porta il suo messaggio sul tema "La solerzia missionaria della Chiesa italiana". Un tema provocatorio che don Michele snocciola partendo da una riflessione sul 50esimo anno di Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo, che sarà festeggiato nel 2022 e individua questi prossimi 5 anni come un cammino. Un cammino di giovinezza dato innanzitutto dall'età, coinvolgendo i giovani in prima fila, ma anche dal rinnovamento dello Spirito. Citando Manfredini, sottolinea l'importanza di mantenere la giovinezza dello Spiritio attraverso il carisma che deve rimanere presente in ognuno di noi e all'interno di tutto il gruppo. 

Quest'esperienza di missionarietà diventa memoria viva e realtà per tutti noi discepoli di Cristo presenti e attivi nella Chiesa. La missione è ciò che rende la chiesa fedele e obbediente al suo maestro, Gesù. L'esperienza missionaria va quindi vissuta come memoria, come se i missionari fossero sentinelle che ricordano a tutti quale sia l'identità di ogni battezzato e indicano a tutti i fedeli la strada: uscire.

Questi cinque anni saranno scanditi da cinque tappe rappresentate da cinque verbi: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

La fede deve essere sempre più rappresentata nei gesti che compiamo, non è solo un impegno sociale di cooperazione umana, ma è soprattutto attraverso l'uscire, lo spendersi in prima persona, che è possibile annunciare l'amore di Dio per tutti. In questo modo coloro a cui ci avviciniamo possono incontrare Dio e tutto ciò che facciamo diventa testimonianza per noi e per tutti.  Don Michele Autuoro legge un passo del vangelo di Matteo: la parabola parla di un re che invita tutti coloro che sono presenti ad un banchetto per le nozze, anche gli ultimi. Don Autuoro fa riferimenti agli ultimi dei nostri giorni e sprona ad osservare tutti gli uomini come invitati al banchetto, a guardare gli uomini e le donne delle periferie con gli occhi di Gesù. Gesù stesso ha iniziato il suo ministero nelle periferie delle città e nelle periferie umane, ed è proprio andando in periferia che possiamo anche noi oggi imparare ad accogliere il regno di Dio. Uscire verso le periferie geografiche e le periferie degli uomini può essere considerato l'ottavo sacramento per i cristiani. A questo punto il direttore di Missio fa riferimento alle migrazioni e agli effetti che risentono diversi Paesi attualmente nel mondo, tra cui anche l'Italia e l'Uganda. Uscire significa farsi cambiare, ovvero dare la possibilità a noi stessi di rinnovare la nostra missione e soprattutto il nostro modo di pensare. Uscire significa accogliere, significa conoscere la ricchezza dell'altro e non avere paura della diversità. 

In conclusione, porta l'assemblea a riflettere sulla responsabilità di un gruppo missionario: i missionari sono sentinelle per la Chiesa di tutto il mondo e anche per gli altri. 

L'atteggiamento della Chiesa Missionaria non deve essere chiuso e autoreferenziale ma deve essere caratterizzato da umiltà e interesse, deve essere ciò che da colore al resto e ha voglia di costruire un umanesimo nuovo. I missionari sono chiamati a portare questo atteggiamento nella realtà con l'obiettivo di creare una globalizzazione integrata. In ultimo sottolinea l'importanza della formazione, dell'animazione e quindi della cooperazione, citando l'Evangelii Gaudium portato da Papa Francesco a Firenze, il quale ha chiesto a tutti i gruppi religiosi di riflettere con questo strumento e augura a Don Sandro De Angelis, missionario di Africa Mission in Karamoja, una buona continuazione della sua opera missionaria.