PILLOLE DALL‘UGANDA...STEFANO CI RACCONTA!

Stefano Zanon, Casco Bianco sceso in Uganda ad ottobre scorso, attualmente sta seguendo il Progetto Fao nella costruzione delle Valley Tank (bacini d’acqua). Questi bacini idrici sono scavati nei campi con lo scopo di raccogliere acqua piovana, utilizzata per dissetare il bestiame. Ciò è stato fatto per diminiuire i contagi, le pestilenze e migliorare le condizioni igieniche delle persone.
Segue la sua testimonianza.


"Un progetto di cooperazione è come il giro d’Italia: la strada è lunga e costellata di salite, il gioco di squadra è indispensabile e bisogna presentarsi alla partenza preparati e pronti ad affrontare molte difficoltà. Proprio come il giro, il progetto FAO è complesso e ambizioso: da giugno scorso coinvolge molte comunità in tutti e sette i distretti del Karamoja. Lo scopo è quello di mitigare gli effetti negativi della mancanza di acqua nella stagione secca. Come? Lo strumento principale, ma non l’unico, è la costruzione di infrastrutture per la raccolta dell’acqua: 21 bacini idrici, 14 dighe sotterranee, 1 sbarramento per la raccolta di acqua superficiale e 7 impianti solari di irrigazione. Quattro diversi modi di immagazzinare l’acqua, ma lo scopo è il medesimo: riuscire a trattenere l’acqua piovana prima che si infiltri nel sottosuolo e utilizzarla per sostenere l’allevamento e l’agricoltura. Come si può immagine la mole di lavoro è ingente, ma è stata affrontata utilizzando quasi esclusivamente la forza lavoro delle comunità interessate. Questa scelta è stata fortemente voluta per due ragioni. In primo luogo una comunità che lavora per arrivare a un risultato sarà molto più interessata alla conservazione e manutenzione dell’infrastruttura. Inoltre il contributo che viene dato ai lavoratori (il cosiddetto cash for work) è un’entrata importate per le comunità: non solo permette alle famiglie di comprare qualche bene di prima necessità, ma contribuisce a mettere in moto un giro economico e finisce per portare benefici a un più ampio numero di persone. Ormai la maggior parte del lavoro è stata fatta: più di 80mila metri cubi di terreno sono stati scavati per far spazio all’acqua dei bacini idrici, oltre 2500 sacchi di cemento sono stati utilizzati per costruire dighe, sbarramenti e abbeveratoi e l’acqua scorre nelle tubature dei 7 impianti solari. Se il progetto FAO fosse un giro a tappe ora saremmo vicini alla linea del traguardo: mancano solo pochi chilometri, ma sono i più difficili perchè bisogna percorrerli a tutta e la fatica sembra insostenibile. Tutto è pronto per la volata finale ma potrebbe rivelarsi un arrivo in salita. Comunque vada l’importante è arrivare fino in fondo e prepararsi al giro dell’anno prossimo!"