Presentato a Piacenza il libro di Gianni Spartà su don Vittorione
Pubblichiamo il resoconto a cura del giornalista Filippo Lezoli della presentazione del libro "Don Vittorione l'Africano" di Gianni Spartà svoltasi a Piacenza alla presenza di tante persone fra cui il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Roberto Reggi, la consigliera comunale Tiziana Albasi, il presidente di Africa Mission don Maurizio Noberini, il vicario del vescovo don Giuseppe Basini e il padre comboniano Marco Canovi.
Un uomo dalla pinguedine smisurata, un missionario, un santo, un terremoto, uno che prima aiutava i partigiani e gli ebrei a salvarsi e poi salvava i figli dei gerarchi fascisti, un ristoratore, un prete. Prese singolarmente, sono etichette da appiccicare alla figura di don Vittorio Pastori, al secolo don Vittorione, ma tutte insieme queste definizioni - e ne mancherebbero altre sono la dimostrazione che di etichette al fondatore di Africa Mission Cooperazione e Sviluppo non se ne possono affibbiare. Di certo non lo fa Gianni Spartà, giornalista e autore di "Don Vittorione l'Africano - il ristoratore che rinunciò a servire primi per andare a sfamare gli ultimi" (Edizioni Macchione), il quale di definizioni ne aggiunge una, ma futuribile: «Un predestinato alla santità». A Palazzo Rota Pisaroni, Spartà ha presentato il suo volume - scritto anche in inglese - in un incontro coordinato dalla giornalista Barbara Sartori e preceduto da un video di "ritagli" della vita di don Vittorio, curato da Gianni Cravedi e Maria Vittoria Gazzola. Sfogliando le pagine del libro si impara a conoscere il don Vittorione varesotto. «Africa Mission ha messo le sue radici a Varese, poi è cresciuta a Piacenza» dice Spartà, che racconta degli anni della guerra e del ruolo che il prete ebbe durante la resistenza: «Fece parte di Oscar, l'Organizzazione soccorso cattolico antifascisti rifugiati, che aiutò molte persone e bambini a fuggire da Varese nella vicina Svizzera evitando la deportazione». «Erano preti che truccavano documenti, facevano cose poco da preti - afferma - dopo la guerra, poi, lo stesso don Vittorione cercò di evitare le fucilazioni per i figli dei gerarchi fascisti ». Tanti gli aneddoti e i destini che si incrociano nelle pagine - «rischiò di annegare aiutando Vin-cenzo Torriani, futuro direttore del Giro d'Italia, a superare il fiume» -, ma sullo sfondo c'è sempre l'Africa e l'organizzazione da lui fondata che quest'anno compie 50 anni. Ne esce la figura di un uomo che guardava gli uomini per quello che sono, e che avrebbe continuato a farlo nei suoi viaggi in Africa, il primo nel febbraio 1972, un uomo che si vergognava di recitare il Padre Nostro agli ugandesi perché il "pane quotidiano" lo avrebbero trovato a 650 chilometri di distanza. «Per me è già un santo» dice l'autore del libro. Spartà ha vissuto anche l'ordinazione di don Vittorio al palazzetto dello sport di Varese, quando don Vittorione citò Manfredini - «questo è un libro sul fondatore di Africa Mission, ma molto si parla anche del vescovo Manfredini» dice - e ricorda la celebre omelia dei «cristiani di pastafrolla». Perché se don Vittorio era uomo del fare più che di parole, queste ultime sapeva come usarle per toccare le corde di chi ascoltava. «In questo libro non ho suonato i violini, ho parlato anche dei suoi difetti» dice Spartà, che prima di parlare di donVittorione - «a volte serio e severo, altre volte clownesco » - ha lasciato la parola al "padrone di casa" Roberto Reggi, a don Maurizio Noberini e Carlo Ruspantini, presidente e direttore di Africa Mission, e a donGiuseppe Basini. Ma si torni all'inizio: chi era allora donVittorione? «Uno che avrebbe potuto ricevere l'indennità per l'invalidità dovuta ai suoi 250 chili, dovuti a una disfunzione, e che invece abbandonò un ristorante bene avviato per andare in Karamoja a costruire pozzi e a dare da mangiare agli affamati. Uno così ha fede» chiude Spartà.