STORIE DI DONNE DAL PROGETTO RIGHT TO FOOD - JOSEPHINE

"A Etatakapei, sub-county di Lolachat, Distretto di Nakapiriprit, incontro Napokori Josephine: 30 anni e già 7 bambini e 2 fratellastri rimasti orfani a cui pensare.
Prima di entrare nel programma, Josephine per sopravvivere produceva e vendeva carbone. Un lavoro molto faticoso, che non le garantiva alcuna sicurezza in termini di entrate. Bruciare alberi per produrre carbone e trasportare pesanti sacchi pieni di combustibile, che raggiungono anche i 30kg, per distanze di 20-30 Km così da poterli vendere al mercato, le ha causato gravi problemi di salute e Josephine ha sviluppato forti dolori al petto.
All’inizio della sua esperienza, Josephine prende parte ad una delle tante sessioni di sensibilizzazione sulla protezione ambientale condotte dai facilitatori di Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo a Lolachat, che l’hanno resa maggiormente consapevole dei danni causati dalla produzione di carbone: "Mi sono resa conto che stavo causando un danno alla mia comunità e soprattutto a me stessa".
Josephine entra quindi a far parte del gruppo di risparmi e prestiti VSLA, che le permette di mandare i figli a scuola, di curarli quando sono malati e di comperare il materiale per costruire un piccolo store per conservare i prodotti del suo raccolto. "Infatti", mi racconta, "prima utilizzavo un granaio tradizionale, ma tutto il mais che conservavo veniva contaminato e andava a male molto più velocemente". Josephine mi parla con entusiasmo del gruppo di risparmio sostenendo che la possibilità di accedere a un prestito, in qualunque momento, per lei è vitale e le garantisce di non soffrire mai la fame.
La possibilità di partecipare al progetto e di imparare nuove tecniche di coltivazione le ha permesso di diventare una “model farmer”, ossia una coltivatrice modello per la sua comunità. Il Movimento fornisce a Josephine 20 Kg di semi di mais, 10 Kg di fagioli e 50 Kg di semi di girasole per cominciare il suo business. Josephine ha settuplicato il suo capitale iniziale producendo 1.500 kg di mais e quintuplicato la produzione di fagioli e di girasole. In aggiunta al raccolto proveniente dal suo giardino, Josephine ha comperato 2.000 Kg di mais che venderà quando i prezzi saranno più alti sul mercato. Ora è Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo stessa a comprare da lei i semi necessari ad aiutare altre famiglie come la sua, a diventare autosufficienti.
Se prima del progetto Josephine coltivava solo sorgo, ora ha compreso l’importanza della diversificazione e coltiva un’ampia varietà di prodotti utilizzando la terra in modo più fruttuoso. Quest’anno, Josephine sta pianificando di acquistare un appezzamento di terra più esteso, perché, dato il raccolto di Novembre, sa che avrà più domanda e l‘opportunità di mettere a frutto una maggiore quantità di lavoro.
Ciò che Josephine ha apprezzato maggiormente del corso di formazione agricola, è stato sicuramente la possibilità di scambio e di visita presso altri gruppi nelle vicinanze. In particolare lei ha partecipato a due visite di scambio: una ad Amudat ed una a Nakapiripirit. La possibilità di visitare luoghi lontani che altrimenti non avrebbe mai avuto l’opportunità di vedere, la possibilità di parlare con persone appartenenti ad altre culture, di scambiare conoscenze e pratiche reciprocamente, di stringere amicizie, l’hanno resa più forte. Ha fatto tesoro di ciò che ha imparato dagli altri gruppi e l’ha messo a frutto; questo l‘ha fatta sentire meno sola nella sua sfida quotidiana e le ha dato la forza di continuare il suo percorso.
Mentre mi mostra la sua casa e la sua nuova cucina ad energia sostenibile, mi racconta di come sia migliorata la sua salute e quella della sua famiglia dopo che ha adottato tutta una serie di pratiche igieniche di cui è venuta a conoscenza durante gli incontri di sensibilizzazione. Ha costruito una latrina all’interno della maniatta (è impressionante che non vi sia alcun cattivo odore al suo interno!); ha costruito uno spazio chiuso e protetto per lavarsi (abbandonando la pratica precedente che la vedeva recarsi al vicino fiume o nelle pozze di acqua stagnante solo occasionalmente per farsi il bagno); ha introdotto uno spazio per il lavaggio dei piatti e un porta stoviglie in cui queste ultime si trovano sollevate da terra e quindi incontaminate; ha introdotto un "lavandino" artigianale che vede l’utilizzo di una tanica d‘acqua bucata sostenuta da un due-piede a mezz’aria e mossa con l’aiuto di un sistema di corde e bastoni; ha costruito una cucina ad energia sostenibile interna (per la stagione delle piogge) ed una esterna, la cucina funziona sia a legna che a briquettes (impasto di cenere proveniente dai resti del raccolto, acqua e argilla utilizzato come sostituto del carbone), ma spesso lei utilizza il tutolo della spiga del mais per fare fuoco. Mentre giro per la maniatta, Josephine mi fa notare la differenza tra la sua "cucina" e quella della sua vicina che ancora utilizza tre pietre a sostegno della pentola, disperdendo così calore ed energia. Ora Josephine ha a cuore l’ambiente che la circonda e cerca di trasmettere questo messaggio anche alle comunità circostanti. Lei ed il suo gruppo organizzano delle rappresentazioni teatrali, delle canzoni e dei giochi educativi raccontando e mettendo in scena temi quali la deforestazione, l‘igiene, lo stoccaggio del cibo; un po‘ quello che lei per prima ha imparato. E questo ha portato dei buoni risultati, mi ha raccontato, e la pratica di tagliare alberi per la produzione di carbone ha visto una decrescita, almeno per un certo periodo. Purtroppo, la siccità che attanaglia la regione negli ultimi mesi, ha causato la sua ripresa in diverse aree, perché per molte famiglie questa è l‘unica fonte di reddito utile. Ma Josephine non ha desistito e si è recata dai membri del governo locale della sub-county per trovare una soluzione: insieme hanno dotato le comunità di piccoli alberi da trapiantare per sostituire quelli che erano stati tagliati.
Josephine non ha mai avuto la possibilità di andare a scuola, ecco perché oggi è fiera di raccontarmi che dei suoi 5 bambini in età scolastica 3 frequentano la scuola primaria e la figlia maggiore comincia quest’anno il secondo anno di scuola secondaria grazie al supporto di una congregazione di suore locali. Solo la secondogenita purtroppo, anche se ha finito la scuola primaria con voti eccellenti, quest’anno non ha avuto la possibilità di cominciare la scuola secondaria. Frequentare la scuola secondaria è dispendioso e Josephine non riesce a pagare le tasse scolastiche, la divisa, il trasporto e tutto ciò che si rende necessario alla figlia per avere un’educazione. Questo la fa stare molto male, perché sa cosa aspetta la figlia senza le chances che le darebbe una buona educazione, e ci sta mettendo tutta sé stessa per trovare una soluzione, un aiuto esterno; ma ci sono così tanti bambini che hanno bisogno di aiuto, e così poche risorse.


Anche Josephine mi ha dimostrato la sua perseveranza e voglia di cambiamento. Lei ha messo tutta sé stessa in questo progetto. Il suo obiettivo è quello di fornire un‘educazione ai suoi figli, e questo le ha permesso di diventare esempio per tutta la comunità. È impressionante come a soli pochi metri di distanza emerga un così marcato divario tra il membro di un gruppo e gli altri abitanti del villaggio. Igiene, cura della persona, cura degli animali e del giardino, diverse metodologie nella preparazione del cibo sono solo pochi elementi ma che mi permettono di osservare come un piccolo accorgimento possa incidere enormemente sulla salute e la vita delle persone. Josephine sta facendo la sua parte e la forza di questa donna si rivela nel suo altruismo, nella sua voglia di fare anche per gli altri, di agire per il bene dell’ambiente e della comunità intera. Lei non si ferma nel suo egoismo. Vuole un futuro migliore per sé stessa, per i suoi figli e per la sua terra."

- Monica Zambon, volontaria in servizio civile in Uganda