Un mese qui, non vorrei essere in nessun altro luogo al mondo.

Un mese qui, non vorrei essere in nessun altro luogo al mondo.

Arriva da Moroto la testimonianza di Silvia, giovane in Servizio Civile dallo scorso novembre. Non vogliamo aggiungere altre parole, ma lasciare lo spazio a quelle di Silvia...

Buona lettura!

"Riunire le idee e provare a creare una riflessione globale su questo caleidoscopio di impressioni, punti di vista, insegnamenti ed interrogativi mi appare inizialmente caotico ma poi, fermandomi un attimo, mi risulta naturale e necessario.

Sto vivendo una realtà che ho cercato di raggiungere da molto tempo; un obiettivo, l'Africa, che definisco come possibile risposta a tante domande ed allo stesso tempo come punto di partenza per ridefinire tante costruzioni mentali che vanno messe in discussione, per seguire un percorso che mi porti a sgretolare l'idea che esista qualcosa di "giusto" o "sbagliato" per definizione, per saper leggere i contesti e le azioni che ne derivano.

È con questa ottica che sto sperimentando queste prime settimane in Uganda, cercando, per quanto impegnativo, di ascoltare senza giudicare, di osservare senza paragonare, di parlare senza filtrare.

Il progetto a cui sono stata assegnata mi appare come un'opportunità che possa rendere queste mie riflessioni più profonde, costruttive e condivisibili.

Il contesto in cui si muove lo staff del "Child Protection Project" non riguarda solamente le problematiche infantili nello specifico, ma comprende gli ambienti famigliari e comunitari in cui alcune delicate tematiche si sviluppano e creano disequilibri spesso difficili da sanare.

Sono rimasta affascinata dall'approccio con il quale ci si affaccia a tali situazioni. Il perno attorno al quale ci si muove è quello del dialogo, dell'ascolto e della condivisione; nulla viene imposto, nulla viene dato per scontato, si è consapevoli che ogni singolo comportamento derivi da condizioni di cui spesso non si conoscono e nemmeno immaginano le fonti e le ragioni.

Mi sto inserendo, in punta di piedi, in questo mondo di relazioni costruite senza fretta, con la calma di chi agisce grazie ad una visione di lungo termine. Mi è stato possibile soprattutto attraverso la partecipazione ad alcuni "Community Dialogues" avuti luogo a Moroto e dintorni. Si tratta di sessioni di sensibilizzazione all'interno dei villaggi attraverso la costruzione di dibattiti in cui i membri delle comunità espongono le proprie impressioni e problematiche riguardanti le tematiche sorte.

In questi sprazzi di realtà quello che mi è saltato più all'occhio è la schiettezza e la voglia di confronto dei presenti; situazioni difficili e problematiche vengono messi sul tavolo della discussione senza timore o vergogna ed il dialogo prosegue fluido senza imbarazzo. Sono, a mio parere, momenti di vero confronto e riflessione, in cui il fine non è essere costretti a trovare una soluzione, ma piuttosto scavare verso motivazioni e condizioni che portano ad alcuni comportamenti poco utili al benessere dell'ambiente comunitario e di conseguenza dei bambini che lo vivono e ne vengono influenzati.

Tali momenti di dialogo vengono successivamente ripetuti cercando di creare un contesto sempre maggiormente costruttivo, cosciente e critico con il fine di incrementare comportamenti consapevoli e responsabili riguardanti le tematiche della tutela dell'infanzia.

Mi rendo conto quindi di quanto questa esperienza che sto vivendo in Uganda possa diventare un intenso percorso che vada verso l'apprendimento attraverso un ascolto attivo delle situazioni, la risoluzione creativa dei problemi, l'attenzione dei particolari e delle soggettività".