UN POZZO PER PROSPERO

Nel cortile della scuola delle suore di Madre Teresa a Moroto si respirava un aria di festa e di ricordi. È stato inaugurato l’8 febbraio il pozzo dedicato a Prospero Cravedi, storico reporter piacentino attivo per almeno tre decenni in Uganda come volontario di Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo Ong, ma soprattutto come amico.

Sin dagli anni ’80 Prospero Cravedi ha raccontato attraverso l’occhio della macchina fotografica il Karamoja mettendoci sempre un po’ di se stesso, fino al suo ultimo viaggio. Ora ha passato il testimone a suo figlio Gianni il quale in queste ore, accompagnato da Carlo Ruspantini, Pier Giorgio Lappo, la mamma Angela e Betty Paraboschi del quotidiano Libertà, sta visitando nuovamente la terra rossa dell’Uganda per l’inaugurazione del pozzo intitolato a suo padre.

Tutti hanno voluto partecipare perché sentivano di essere parte di qualcosa di bello. I serviziocivilisti in Uganda e le suore di Madre Teresa hanno contribuito alla riuscita della cerimonia, Carlo ha portato i saluti di don Maurizio ricordando l’amicizia che lega Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo Ong alla figura di Prospero e ai suoi familiari. Sono stati poi Angela Cravedi e il figlio Gianni a rimuovere il velo che copriva la targa commemorativa posata sul muro della scuola di fronte al pozzo. Durante i canti di ringraziamento dei giovani karimojong, Angela e Gianni sono rimasti in silenzio, tenendosi per mano alcuni minuti, prima di salutare i ragazzi poggiando affettuosamente le mani sulla loro testa.

Gianni, evidentemente emozionato, ha voluto raccontare il momento su Facebook: “Questo ritorno in Uganda dopo trent’anni per partecipare alla intitolazione del pozzo di Prospero potrebbe essere quella cosa che ne capisci subito l’importanza ma probabilmente non fino in fondo. Ci vorrà del tempo, ma come è stato il mio primo viaggio del 1988, quando neanche diciottenne trascorsi due mesi in Uganda assieme al papà, ci sono avvenimenti nelle nostre vite che in profondità ci segnano. […] Dopo la scomparsa di Prospero, quando mi sono interrogato sulle tante cose fatte insieme, e sono state molte, ho scoperto che sicuramente quel viaggio è stato per me la cosa più importante. Ma bisognava chiudere il cerchio e ripartire. E questo ritorno è sicuramente il cerchio che si chiude ma anche la vita che deve andare avanti nonostante il dolore e la mancanza. Ho ritrovato oggi un Karamoja in trasformazione ma che mantiene intatto tutto quello che sicuramente lo ha fatto amare a Prospero e che ritrovo nelle sue foto, i villaggi, gli anziani, i bambini, l’acqua e le scuole, i sorrisi e i saluti della gente. Guardare come anche dentro una situazione drammatica e difficile si può vivere. E che le nostre difficoltà e i nostri problemi sono nulla”.