UN PROGETTO PER LA PRODUZIONE DI CASSAVA E PATATE DOLCI NEL DISTRETTO DI KAABONG

Prosegue il progetto di affiancamento degli agricoltori del distretto di Kaabong, nella regione del Karamoja (nord est Uganda), per la diffusione della coltivazione della cassava e della patata dolce. Il progetto, che stiamo realizzando con il finanziamento della Fao, è seguito dalla nostra collaboratrice espatriata Zuzana Filipova, che ci illustra, nell’articolo che segue (tradotto dall’inglese all’italiano dalla nostra volontaria Alice Bellagamba), come si sta sviluppando questo intervento.

Kaabong è il distretto ubicato nella parte più settentrionale della regione del Karamoja (Uganda), confinante con il Sud Sudan a nord, con il Kenia a est, con il distretto di Kitgum a ovest e con il distretto di Kotido a sud. L’area è caratterizzata da un clima semiarido con aree costituite da una cintura verdeggiante, dove la produzione di colture diventa possibile. Questo è il motivo per cui il progetto di diffusione della cassava e delle patate dolci è cominciato proprio nel distretto di Kaabong.
Cassava e patate dolci costituiscono cibi di grande importanza, considerevolmente diffusi in tutta l’Africa dell’est, costituendo gli alimenti principali per milioni di persone. Recentemente, però, la messe di cassava è stata largamente colpita da due gravi virus che hanno portato alla fame molte persone, stabilmente dipendenti da questi raccolti.
Questo progetto introduce due varietà che sono resistenti a questi dannosi virus e prevengono così massicce perdite di cibo e l’insicurezza alimentare.
In Karamoja, la produzione di cassava e di patate dolci necessita ancora di organizzazione e promozione, esattamente come importante è la promozione di nuove varietà resistenti, la conoscenza di questi virus e di come eliminarli attraverso la semina di sostanze vegetali.
Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo, attraverso risorse della FAO, sta supportando 46 APFS (scuole agricole e pastorali) per creare numerosi orti di cassava e patate dolci. Lo scopo del progetto non è soltanto quello di far crescere raccolti destinati a un uso immediato, ma piuttosto quello di affiancare gli agricoltori nella moltiplicazione dei raccolti. In questo modo, a progetto concluso, gli agricoltori saranno in grado di proseguire in autonomia nella semina e nella raccolta di cassava e patate dolci, senza supporto esterno; dovrebbero guadagnare conoscenze sui virus della cassava e assicurare così la diffusione della sua produzione. Tutto ciò assicurerà la loro sopravvivenza e la sicurezza alimentare anche in periodi di siccità, poiché entrambi i raccolti sono adatti all’immagazzinamento per lunghi periodi.
Il distretto di Kaabong è una zona molto bella del Karamoja, molto diversa rispetto a tutti gli altri distretti che ho visto prima. Si possono trovare grandi piante circondate da splendide montagne, in una natura senza fine. Le aree dove stiamo lavorando sono relativamente lontane dalla città di Kaabong, e sono molto felice di aver avuto la possibilità di lavorare con Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo in questa zona.
Attraverso il lavoro del coordinatore del progetto, ho avuto modo di visitare posti molto vicini alle frontiere sudanesi e keniote, di una bellezza sconvolgente. Devo dire che mi è piaciuto molto lavorare nel distretto di Kaabong, non solo per la bellezza della campagna ma anche per la natura delle persone in questa parte di Karamoja. Mi riferisco alla comunità degli IK, che vive nelle montagne adiacenti la Rift Valley, persone estremamente gentili, appassionate nel mostrare il lavoro fatto e nel condividere novità. Vivono in una zona decisamente remota, dove non esiste accesso al mercato e all’ospedale, dove la vita è molto dura poiché devono contare solo su loro stessi per produrre cibo o percorrere grandi distanze per poter acquistare l’indispensabile o visitare un medico.
Comunque, lavorare per il progetto non è solo idillico, come può sembrare a prima vista. Come ovunque nel mondo, ci sono moltissime sfide che devono essere affrontate.
Recentemente il principale problema è l’insicurezza nelle due comunità di Kamion. Molti agricoltori provenienti dai gruppi APFS, supportati da Africa Mission - Cooperazione e Sviluppo, sono stati arrestati e molte persone scappano per nascondersi nella savana. Su raccomandazione dalla polizia locale, l’implementazione e il monitoraggio delle attività sono rinviati a quando la zona è ritenuta sicura. Prima di varcare il territorio, per essere certi della nostra incolumità, dobbiamo essere informati che la situazione nelle aree in cui andremo a lavorare è tranquilla. Questa informazione si può avere dai facilitatori, persone che lavorano direttamente con le comunità all’interno del progetto e vivono nelle aree in cui è sviluppato. Generalmente, se ci sono alcuni posti non sicuri, lo si viene a sapere. Le persone parlano sempre tra loro e inviano informazioni velocemente. Le informazioni, inoltre, possono essere verificate tramite gli ufficiali delle sottocontee o i missionari che vivono in quell’area.
Il rapporto con le popolazioni locali è un’altra sfida e necessita un approccio diametralmente opposto rispetto a quello usato in Europa. Per scoprire il modo più adeguato per approcciarsi e guadagnare la fiducia delle persone, bisogna avere estrema sensibilità verso il loro retroterra sociale, culturale, storico e geografico, operazione che richiede certamente molto tempo, pazienza e comprensione.
Durante l’implementazione del progetto, è molto importante per le persone locali capire. Il progetto c’è per apportar loro nuove conoscenze e aiutarle a migliorare la loro vita. Sfortunatamente in molti casi i beneficiari dei progetti non realizzano lo scopo effettivo che esso ha, e questo rende molto più difficile lavorare con loro.
Dopo due giorni di workshop a Moroto con il vescovo di Kotido, mons. Giuseppe Filippi, abbiamo appreso che le persone stanno adottando nuove tecnologie, colture, modi di lavorare e sono realmente persuase del fatto che questo migliori la loro vita. La riluttanza ad adottare nuovi strumenti senza prima aver provato la loro adeguatezza è il risultato dell’ambiente nel quale le persone vivono e non possiamo incolparle di questo. I Karimojong non si possono permettere di perdere il loro tempo su qualche cosa che non sono sicuri funzioni, in un ambiente così duro come quello del Karamoja.
Anche se ci sono molte sfide da affrontare quando si lavora su un progetto in un posto come questo, loro sono fieri di essere, vivere e sentire lo spirito del luogo, che è davvero un altro mondo se lo compariamo con casa nostra. Forse, inizialmente si può esserne intimoriti, dato che è così sconosciuto e diverso, ma dopo poco tempo inizi a capire come le cose qui funzionino, incontri le persone, le conosci e sei sempre meno intimidito, perché scopri che non c’è motivo per avere paura. E infine cominci ad amare questo posto. Questo è ciò che è successo a me.

Zuzana Filipova